Claudio Monteverdi (Cremona, 1567-Venezia, 1643) fu senza dubbio uno dei compositori più importanti del suo tempo, come provano la brillante carriera (musico a Mantova alla corte dei Gonzaga, prima, e maestro di cappella della basilica dogale di San Marco a Venezia, poi) e la cospicua produzione compositiva, che tocca tutti i generi musicali allora in voga con apporti sempre esemplari e spesso altamente innovativi. La straordinaria notorietà di Monteverdi è attestata, ancora dopo la morte, dall’editore veneziano Alessandro Vincenti, che nel 1650 diede pubblicazione a composizioni sacre in larga parte inedite del maestro venute in suo possesso, secondo quanto egli stesso dichiara, «non senza miracolo». In posizione d’apertura del volume si trova appunto la Messa a 4 voci da capella.
Non è noto per quale occasione Monteverdi concepì questa composizione, ma le sue caratteristiche la rendono adatta a molte evenienze liturgiche. Fondata sul ricorrere di un soggetto melodico di sicura presa e su una solida elaborazione contrappuntistica, l’opera, pur facendo palese riferimento allo stile antico affermato già da celebri compositori cinquecenteschi e in particolare da Palestrina, mantiene un rilevato carattere di originalità.
Come preannuncia il titolo, i cinque brani che formano la messa non presentano parti concertate a destinazione strumentale e pertanto si prestano ad essere eseguiti anche solo da un insieme vocale. È risaputo tuttavia che la prassi esecutiva invalsa all’epoca nelle chiese veneziane e dell’Italia padana comportava, soprattutto nel ricorrere delle festività maggiori, la duplicazione dei cantori da parte di un certo numero di strumentisti, che arrecavano alla tessitura polifonica una smagliante ricchezza timbrica. Nell’età di Monteverdi la celebrazione di una messa di una certa solennità imponeva anche esecuzioni organistiche (tipicamente all’esordio della cerimonia e alla elevazione), mottetti solistici e sonate per insiemi strumentali. Questi ulteriori brani erano intercalati alle parti della messa polifonica (che, come è noto, danno voce all’ordinarium missae) in coincidenza con i momenti dell’ufficio liturgico che, in ossequio al protocollo rituale antico, non erano accessibili all’assemblea dei fedeli. Il risultato, come si potrà constatare, è una sonorizzazione massimamente variata in ragione dei diversi registri stilistici ed espressivi ai quali ogni particolare genere musicale fa di volta in volta affidamento.
Le sonate e i mottetti selezionati per questo concerto si devono a eminenti compositori attivi a Venezia o nei territori della repubblica: Gabrieli fu organista marciano, Grandi e Marini ricoprirono i ruoli rispettivamente di cantore e violinista della medesima basilica sotto il magistero di Monteverdi, Castello servì il doge nei panni di strumentista a fiato, Corradini esercitò come organista e maestro di cappella nelle principali chiese di Cremona.
Marco Di Pasquale
01. | Giovanni Gabrieli | Ricercare | ||
02. | Claudio Monteverdi | Kyrie | ||
03. | Claudio Monteverdi | Gloria | ||
04. | Alessandro Grandi | Salve Regina | ||
05. | Claudio Monteverdi | Credo | ||
06. | Biagio Marini | Sonata Quinta | ||
07. | Claudio Monteverdi | Sanctus | ||
08. | Claudio Monteverdi | Benedictus | ||
09. | Giovanni Gabrieli | Toccata | ||
10. | Claudio Monteverdi | Agnus Dei | ||
11. | Nicolò Corradini | Deliciae meae esse cum Christo | ||
12. | Dario Castelli | Sonata Quarta | ||
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